Seminari

Seminario pedagogia genitoriale

“L’amore in più.

Legame generativo e sguardo materno”

Todi, Convento di Montesanto 24 e 25 Novembre 2023

 

“…Per tutta la nostra vita non smettiamo mai di cercare quello sguardo materno, quello
sguardo generativo. E sono gli sguardi delle persone che incontriamo lungo il nostro
cammino, dei familiari ma anche dei professori, dei coetanei, dei curanti, degli innamorati
che ce lo restituiscono o ce lo negano. Alla fine siamo tutti, sempre, madri di qualcuno,
perché possiamo generare la vita, la speranza, il desiderio in molti modi e in qualunque
momento. Ci sono sguardi, parole, gesti che hanno cambiato la nostra vita, ognuno di noi
potrebbe ricordarne qualcuno….”
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Seminario pedagogia genitoriale

“Ciò che resta. Riconoscersi nella gratitudine”

Todi, Convento di Montesanto 10 e 11 Maggio 2019

Ognuno ha il compito di tenere desta la consapevolezza dei doni che continuamente ci vengono
elargiti e soprattutto cantare la bellezza che ancora esiste su questa terra. I fiori, l’acqua, le cose fatte da due mani, lo stare bene del corpo, gli animali, l’amicizia, l’amato, i figli, le stagioni, un’ora del giorno, un pezzo di buon pane.
E questo sguardo che riconosce, che è riconoscente di quanto tutto ciò alleggerisca la nostra vita, di quanti aiutanti visibili e invisibili ci vengano in soccorso.
È un sentimento capace di trasformare, di curare e di portare nuove energie nella vita delle persone.
Il sentimento di gratitudine è una delle espressioni più evidenti della capacità di amare.

Seminario pedagogia genitoriale

“Il padre ritrovato”

Todi, Convento di Montesanto 30 Novembre e 1 Dicembre

 

Per tutti il padre che abita i nostri sogni e le nostre narrazioni è un eroe complesso e contraddittorio che, in viaggio verso casa, ci mostra la nascita della responsabilità e la capacità di scegliere.
Siamo stati tutti padri di qualcuno in un momento della nostra vita e qualcuno, a volte, ci ha fatto da padre nel viaggio verso casa. E lungo quella strada cercheremo di ritrovare il padre perduto, qualcuno o qualcosa che attribuisca un senso alla nostra vita, un senso generativo, che possa portarci nel mondo con slancio e vitalità.

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“Mi sacrifico per te”

Todi Convento di Montesanto 8 e 9 Giugno 2018

Come insegna il Talmud, “bisogna tornare indietro per ritrovare il punto di partenza”, per esplorare la possibilità di andare oltre la rinuncia e recuperare il proprio desiderio, che è stato sacrificato in nome di una garanzia di felicità.
Il sacrificio non garantisce un vantaggio, non promette premi, né offre salvifiche soluzioni, ma semmai un’occasione di incontro con l’altro per costruire un’alleanza più profonda con la vita stessa, con le proprie scelte e con i propri desideri.

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“Di che pasta è fatta la vita. La trasformazione del dolore”

Convento di Montesanto 1 e 2 Dicembre 2017

“La lotta, la dialettica e lo sforzo che ogni vita compie per superare gli ostacoli e le resistenze che incontra nel mondo, producono senso. Ogni cuore umano ha la sua cima e ogni vita ha conosciuto la lotta verso la sua altezza. Ogni felicità conosce la sua ombra, potremmo dire, e si da conoscenza felice solo nell’accettazione di questa ombra.
Perché, in fondo, il buio della notte e solo uno dei colori del cielo.

 


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IL DONO”

12-13 Dicembre 2014 Convento Monte Santo, Todi

Donare è un’arte che è sempre stata difficile: l’essere umano ne è capace perché è capace di rapporto con l’altro, ma resta vero che questo «donare se stessi» – perché di questo si tratta, non solo di dare ciò che si ha, ciò che si possiede, ma di dare ciò che si è – richiede una convinzione profonda nei confronti dell’altro.

Esiste ancora il dono, oggi? In una società segnata da un accentuato individualismo, con i tratti di narcisismo, egoismo, che la caratterizzano, c’è ancora posto per l’arte del donare?  Nell’educazione, nella trasmissione alle nuove generazioni  c’è attenzione al dono e all’azione del donare come atto autentico di umanizzazione? C’è la coscienza che il dono è la possibilità di innescare i rapporti reciproci tra umani, qualunque poi sia l’esito? Donare significa per definizione consegnare un bene nelle mani di un altro senza ricevere in cambio alcunché.

Bastano queste poche parole per distinguere il «donare» dal «dare», perché nel dare c’è la vendita, lo scambio, il prestito. Nel donare c’è un soggetto, il donatore, che nella libertà, non costretto, e per generosità, per amore, fa un dono all’altro, indipendentemente dalla risposta di questo. Potrà darsi che il destinatario risponda al donatore e si inneschi un rapporto reciproco, ma può anche darsi che il dono non sia accolto o non susciti alcuna reazione di gratitudine.
Donare appare dunque un movimento asimmetrico che nasce da spontaneità e libertà. Perché? Possono essere molti i tentativi di risposta, ma il donare è possibile perché l’uomo ha dentro di sé la capacità di compiere questa azione senza calcoli: è capax boni, è capax amoris, sa eccedere nel dare più di quanto sia tenuto a dare. È questa la grandezza della dignità della persona umana: sa dare se stesso e lo sa fare nella libertà! È l’homo donator.

Certo, c’è un rischio da assumere nell’atto del donare, ma questo rischio è assolutamente necessario per negare l’uomo autosufficiente, l’uomo autarchico. E se il dono non riceve ritorno, in ogni caso il donatore ha posto un gesto eversivo: attraverso il donare ha acceso una relazione non generata dallo scambio, dal contratto, dall’utilitarismo. Ha immesso una diastasi nelle relazioni, nei rapporti, fino a porre la possibilità della domanda sul debito «buono», cioè il «debito dell’amore» che ciascuno ha verso l’altro nella communitas. Sta scritto, infatti nelle scritture: «Non abbiate alcun debito verso gli altri se non quello dell’amore reciproco»
La prima possibilità del dono avviene attraverso la parola: parola donata, data all’altro. L’azione del dare la parola, del donare le cose espropriandole da se stessi, del dare la presenza e il tempo non chiede restituzione, ma richiede che l’iniziativa del dono sia proseguita, continuata. Il donare non può essere sottoposto alla speranza della restituzione, di un obbligo che da esso nasce, ma lancia una chiamata, desta una responsabilità, ispira il legame sociale. Il debito dell’amore regge la logica donativa alla quale è peculiare il carattere della gratuità, l’assenza della reciprocità: «Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra» (Mt 6,3) Ogni vita umana è istituita da un debito radicale, grazie al quale l’altro è colui del quale si è responsabili, una persona che, una volta incontrata, ha diritto a essere destinataria di tutto l’amore che possiamo. Tutti siamo stati donati alla vita e tutti abbiamo bisogno di essere per-donati.

La locandina del seminario


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“Felici i felici: promessa e vincolo alla felicità”

6 e 7 Giugno 2014

Non si è mai troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità. A qualsiasi età è bello occuparsi del benessere dell’anima. Chi sostiene che non è ancora giunto il momento di dedicarsi alla conoscenza di essa, o che ormai è troppo tardi, è come se andasse dicendo che non è ancora il momento di essere felice, o che ormai è passata l’età. Da giovani come da vecchi è giusto che noi ci dedichiamo a conoscere la felicità. Per sentirci sempre giovani quando saremo avanti con gli anni in virtù del grato ricordo della felicità avuta in passato, e da giovani, irrobustiti in essa, per prepararci a non temere l’avvenire. Cerchiamo di conoscere allora le cose che fanno la felicità, perché quando essa c’è tutto abbiamo, altrimenti tutto facciamo per averla.
Epicuro, Lettera sulla Felicità

 La locandina del seminario